Viaggio + Australia + Working Holiday Visa = Farm? Non per forza 🙂 A dirla tutta anche noi ci siamo inizialmente buttati su questa strada, quella nell’immaginario comune di tutta la schiera di viaggiatori che intraprende un’avventura australiana di viaggio-vacanza, quella del lavoro spaccaschiena in farm.

La ricerca

Per circa un mese e mezzo abbiamo rincorso il lavoro nelle farm, sperando di trovare qualcuno che non ci avrebbe sfruttato ma bensì pagato profumatamente. Per sopravvivere, inizialmente, abbiamo dovuto usare un po’ di soldi dall’Italia.
Fortunatamente sapevamo come trasferire soldi gratis! 🙂 Siamo partiti a cercare da Cairns, la città dove siamo atterrati. Seguendo il consiglio di amici e dei gruppi su Globetrotter Backpacker searching farm jobsfacebook, abbiamo comprato una macchina usata ed abbiamo iniziato a girovagare nell’entroterra letteralmente bussando alla porta di ogni fattoria che incontravamo nel nostro percorso e lasciando i nostri biglietti da visita nelle singolari cassette della posta. La ricerca ha seguito le orme della National Harvest Guide, un sito dedicato al lavoro in farm sponsorizzato dal governo australiano. Peccato che il tutto fosse fin troppo popolare, dato che migliaia e migliaia di viaggiatori avevano già percorso la nostra stessa rotta ed occupato le posizioni disponibili. La maggior parte delle persone si è mostrata disponibile ed amichevole, nonostante non ci fossero posti di lavoro a disposizione. Non sono mancati gli incontri con fattori di discendenza italiana: a Bundaberg, infatti, abbiamo bussato alla porta di Rossetti, un simpaticissimo fattore dalle origini italiane. Venete per la precisione. Quando ha sentito che eravamo italiani, ha iniziato a parlare … in dialetto veneto, convinto che quello che parlava fosse italiano corretto 🙂 Come lui anche molti altri, in questa Australia c’è davvero tanta Italia… Quell’Italia che tanti anni fa ha visto scappare una marea di disperati che hanno trovato rifugio tra i canguri. E quella stessa Italia che ora respinge come la peste ogni tipo di immigrato. Che ironia, eh? Girovagando tra le terre e tra i vari shed (i prefabbricati) abbiamo avuto un assaggio di quella che è la vita lavorativa nelle farm … e sapete cosa? Sinceramente non ci è piaciuta poi così tanto!

Il lavoro non si trova

Non lo neghiamo, è stato un momento piuttosto difficile: viaggiare è costoso e la ricerca continua di un lavoro era davvero stressante. Non se ne trovava o era con condizioni veramente imbarazzanti. Più di una volta ci hanno proposto di lavorare con paghe misere ed orari di lavoro al limite dello schiavismo.Noi abbiamo semplicemente rifiutato le offerte. C’è da dire che non tutte le farm offrivano paghe misere: come è capitato a Fabbro, un nostro amico, che si è ritrovato a lavorare per Gino timbrando il cartellino ed avendo la giusta paga. Peccato non ci fosse posto per noi 😀no workers wanted In altri casi i contadini erano esasperati dall’incessante richiesta di lavoro tanto da esporre cartelli con su scritto chiaro e tondo che non si cercano lavoratori. Abbiamo provato anche la via dei cosiddetti “Working Hostel“, ostelli che promettono lavoro in cambio di un costosissimo soggiorno (200 dollari a settimana.. a testa!) nei loro locali sporchi e sovraffollati … Scartati immediatamente e senza rimorso.

Ma perchè solo farm?

Man mano che ci siamo avvicinati a Brisbane, una domanda ha preso sempre più spazio nelle nostre teste: “Ma perchè dobbiamo proprio cercare un lavoro in farm?” E così arrivati a Brisbane, abbiamo stampato i nostri curriculum ed abbiamo iniziato a girare tra ristoranti, pizzerie, fast food. Abbiamo inviato anche i nostri curriculum su gumtree e visitato alcune agenzie di collocamento. Ed abbiamo trovato lavoro. Un’esperienza sicuramente diversa dalle farm. E da ogni punto di vista è stato anche qualcosa di più vicina alla vera vita australiana, rispetto alle farm gestite da asiatici e popolate da backpackers. Prima lavapiatti in pizzeria (solo Paolo) e poi entrambi al Lone Pine Koala Sanctuary: Paolo come fotografo e Arianna al customer service. Decisamente non male.